LA VITA DELL’ARTISTA DOMENICO BARILLARI
scritta nel 1829 dal sacerdote don Domenico Pisani (1802 – 1863)
In Serra, Città distinta fra le altre della Provincia di Cal. U.e 2a per le arti, che si professano, e per lo commercio, a concorso dei paesi vicini, ebbe i natali il celebre Architetto Domenico Barillari, à 26 Gennaro 1788, da Gaetano e Teresa Pisano, non meno accorti che onesti di lui genitori. Crebbe fino alla età di dieci in dodici anni nella bottega del padre suo, il quale sempe sollecito per la cultura, ed avanzamento del suo figliolo, lo affidò per la istruzione del Disegno e regole di Architettura al celebre Biagio Scaramuzzino, altro nobile ingegno serrese. Fin dalla sud.a età donò il Barillari segni non equivoci del suo gran talento per la costruzione di varie cose d’intaglio sul legno. Ed in prosieguo si diè più chiaramente a conoscere per opere più considerevoli di simil fatta, eseguite in molte città di ambedue Provincie, e fin anco in quella al di là del Faro. Coltivando da sé solo il proprio ingegno, non si arrestò alle opere di legno soltanto, ma vi metteva la sua opera in quanto li si presentava, maneggiando con pari facilità e maestria che il legno, lo stucco, ed il marmo: il pennello, e il bolino come stato fosse un nobile alunno del Carracci, del Buonarruoti, del Bramante, del Vignola, o del Vanvitelli. Sono pruove del di lui svariato ingegno:
La Custodietta o Tabernacolo, che si ammira nella Chiesa della R. Arciconfraternita di Maria SS.a dei Sette Dolori in Serra med.o, posta sull’Altare della gran Custodia in marmo, quasi intieramente da Lui costruita nei primi anni di sua produzione, ammirabile per la simmetria, finezza dei marmi, ed ornamenti e statuetta di rame dorata a zecchino.
Gli ornati tutti di stucco da Lui fatti, anzi lo stucco intiero della sud.a Chiesa, eseguito sotto la sua direzione da maestri serresi, in tempo in cui tale arte non conoscevasi nella sua patria, e di cui a ragione dee dirsi l’inventore.
L’Architettura fatt’a pennello, e qualche ornato ancora, nel quadro di Assuero posto nella Cupola del Coro della Sud.a Arciconfraternita.
Lo espositorio fatto per la Chiesa dei RR. PP. Del SS. Redentore della Città di Catanzaro, eseguito in legno con colonnette a foggia di Lapislazzolo, e con degli altri pezzi marmorei e dorati che non si distinguono dal naturale.
Il Ritratto della Sig.a D.a Teresa Soriani, della nobile famiglia di tal nome, della città di Monteleone, eseguito sul marmo, sorprendente non meno per la esecuzione, e simiglianza con l’originale, che per gli ornati ed intagli sul marmo stesso: opera degna del più perito scultore.
Disegni topografici eseguiti nel Reale Stabilmento di Mongiana, riguardati con ammirazione fin anco nella Capitale. E quelli richiesti dal Sign. Marchese di Arena dei suoi Stati eseguiti con tutte le regole dell’arte.
E a tralasciar tutte le altre, che sarebbero ben moltissime eseguite nelle migliori città d’ambedue le Provincie, la Opera migliore per la quale il (nostro) Architetto ha immortalato il suo nome, è senza dubbio il grande Ostensorio di Argento del peso di libre 33, che si ha nella Chiesa Madre della stessa città di Serra, eseguito nella Capitale sul modello d lui fatto e sotto la di lui cura, direzione e lavoro ben anco, per la formazione dei pezzi di getto da lui ridotti a quella perfezione e delicatezza che si ammirano nell’originale. Le due Statuette esprimenti la Fede, e la Speranza poste sul piede del sud.o Ostensorio; l’intreccio di Angeli attorno al Globo, cui si aggira la fascia del Zodiaco coi segni delicatamente incisi: il tralcio di vite con foglie verdeggianti a smalto, e grappoli di piccoli rubini, che esce da mezzo al piede e si aggira intorno ai Raggi: la effigie dell’Eterno Padre, e dello Spirito Santo in mezzo ad altro gruppo di Puttini, smaltati in oro: le spighe di oro massiccio: il Pellicano: l’Agnello, ed altri graziosi ornamenti lo rendono tanto sorprendente che incanta ed attira i forestieri a vederlo. Il presidente dell’Accademia di Belle Arti di Napoli, Sig. D. Costanzo Angelini (basti questo per tutti gli altri bell’ingegni di quella Città che con trasporto e ammirazione videro la opera), uomo singolare per la Poesia, Disegno, Pittura ed altro, non potè nascondere i trasporti del suo gradimento a vista del Modello, e il suo incanto a vista della opera compiuta, fino a non crederla produzione di talento cotanto lontano dalla Capitale, o dall’alma Città delle Belle Arti.
Veduto, in tale occasione, e per la prima volta, non sensa profitto quanto vi è d’ammirabile, e di raro entro e fuori la Capitale, desidera il n(ostro) Barillari portarsi nell’alma Città di Roma, a fine di fare acquisto di altre idee alla cultura dei suoi talenti; ma il sacro pensiero di essere padre di una ben numerosa prole il trasse in seno alla famiglia. Lungi Egli dall’insuperbirsi per l’applauso di tante opere, come suole succedere agli animi vili e dappoco; in contrassegno di quella grande umiltà ch’era il più bel fregio dell’animo suo, prendeva consiglio e parere da persone a lui di gran lunga inferiori intorno alla simmetria, eleganza e disegno d’una qualche opera, che dovea eseguire, o che già aveva eseguita. Il disinteresse, l’affabilità nel parlare, e nel tratto, la filantropia la più leale, e sopra tutto un’ottimo costume lo rendevano viemaggiormente ammirabile e caro agli occhi di tutti. Né minore fu l’applauso che si acquistò per le cariche amministrative da lui con sommo zelo esercitate, e nelle quali non ebbe altro di mira che il pubblico bene. Gl’Intendenti della Provincia, i Sott’Intendenti del Distretto, i Vescovi delle diocesi vicine, come pure le persone nobili e culte di varie Città, avevano per Lui una stima corrispondente al suo nome. Moltissime erano le richieste di Opere di vario genere, che a Lui venivano dalle Città migliori d’ambedue le Calabrie, e ch’egli per la maggior parte rifiutava a causa di non poterle tutte eseguire. Accolse (Non l’avesse mai accolta…ma tanto era destinato dal Cielo) accolse quella dello stucco ed ornati con delle varie statue ancora, della Chiesa dei RR. PP. Missionarj di Stilo, per la quale opera ammalatosi di fiero pertinacissimo tifo, e portato in seno alla famiglia, à 12 Agosto del 1829, cessò di vivere. Il popolo serrese non ignaro delle virtù dell’estinto compaesano lo pianse in modo, che ognuno pareva accompagnare a Dimora il cadavere del proprio genitore, del fratello, o del più stretto congiunto. Il degnissimo Arciprete di allora R. Sign. D. Bruno Maria Tedeschi, quindi Arcivescovo di Rossano, che aveva il Barillari in grande stima, lesse nello stesso giorno della funebre pompa lunga, patetica e di Lui degna Orazione. Vi appose quindi la Epigrafe in latino e in greco nel luogo della tumulazione, ch’è distinto da quello degli altri fratelli, ch’è la seguente:

Lasciando così ai Serresi indelebile memoria dell’estinto Architetto, e la emulazione insieme del suo raro ingegno. Il figlio primogenito, emulando il talento del Padre, in età allora non più che di anni 16, compì la opera degli ornati in stucco nella chiesa di Stilo, ed in quella dei Sette Dolori di Serra med.o corrispondenti a quella, che incominciato avea il Padre, come altresì molte altre opere d’intaglio sul legno da quello lasciato in bottega,ove tuttavia in unione di altri due fratelli, allora rimasti minori, e non dissimili al Padre nell’ingegno e nell’arte, si lavorano delle opere per le migliori Città di ambe le Provincie vicine, aggiungendo così altra rinomanza all’estinto genitore e alla Patria.
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